Oggi più che mai, a pochi mesi dalla diffusione dell’epidemia di Covid-19, per la popolazione mondiale che ne è stata letteralmente travolta, è già possibile fare i conti con le prime conseguenze psicologiche della quarantena e dei vari provvedimenti presi dai governi per cercare di arginare la propagazione del virus.
L’essere costretti a restare chiusi in casa taluni continuando in smart working la propria professione, altri senza avere la possibilità di lavorare, l’essere controllati nei propri spostamenti, l’assenza di contatti sociali, la paura di essere contagiati, anche dai propri affetti più cari, la paura di veder morire i propri familiari, poter morire in prima persona, il non sapere quanto tutto questo sconquasso nella vita di ciascuno potrà durare, se qualche mese, qualche anno …queste sono solo alcune delle angoscianti prospettive di nuova “normalità” che ognuno di noi si è trovato improvvisamente a dover gestire e con cui ci si è dovuti confrontare, un incubo vero e proprio.
La situazione attuale sta mettendo milioni di persone nella condizione di vivere tutte le caratteristiche che contraddistinguono il disturbo da stress post traumatico (PTSD). Per praticità nell’analizzare i vari sintomi che caratterizzano il PTSD evidenzierò in corsivo quelli che si possono associare più facilmente alla situazione generata dal virus a livello sociale ed individuale.
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Il PTSD è un grave disagio che coinvolge sia emotivamente che cognitivamente la persona che viene esposta in maniera diretta o indiretta ad un forte trauma o stress, che interrompe il flusso continuo della vita naturale di un soggetto. Ad esempio l’essere stato sotto i bombardamenti, oppure l’essere sopravvissuti al crollo di un edificio, o aver avuto un incidente, o aver subito una violenza sessuale.
In genere il soggetto che soffre di tale disturbo presenta ansia, depressione, ricordi emotivamente molto intensi, e immagini disturbanti dell’evento traumatico.
Il DSM V, il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, propone alcuni criteri che guidano il clinico nell’iter diagnostico, i criteri riguardano sia gli adulti, che gli adolescenti e i bambini sopra i 6 anni.
I criteri sono:
La depersonalizzazione è la costante sensazione di non essere in contatto con se stessi, come se ci si guardasse da fuori.
La derealizzazione invece è la sensazione di irrealtà del mondo circostante, come se ciò che viene percepito fosse irreale, distante o distorto.
È interessante sottolineare come da febbraio siano già state portate avanti delle ricerche sulla correlazione tra il Coronavirus e l’attività onirica, perché sono stati notati dei cambiamenti nel modo di sognare e nella qualità dei sogni prodotti. Ciò a dimostrazione ulteriore di come la popolazione stia risentendo di un forte stress collettivo e di come questo si stia strutturando in un disturbo da stress post traumatico.
Secondo Deirdre Leigh Barrett, professoressa di psicologia presso il Dipartimento di Psichiatria della Harvard Medical School, in questo periodo di lockdown le persone dormono meno del solito.
Secondo lo psichiatra e neurologo americano Mc Namara, la sensazione di paura e di ansia per la pandemia si stanno riversando nei sogni.
Molti studiosi, infatti attribuiscono la vividezza dei sogni al caos emotivo e fisico che molti stanno vivendo.
Un’altra ipotesi sostenuta dai ricercatori è che sognare in maniera più vivida sia una reazione traumatica allo stress o all’isolamento. Uno studio del Kings College di Londra, pubblicato sulla rivista medica “The Lancet” a fine febbraio, ha analizzato l’impatto psicologico della quarantena. La ricerca ha riportato “effetti psicologici negativi, tra cui sintomi di stress post-traumatico, confusione e rabbia”.
I fattori di stress sono stati identificati nelle seguenti dimensioni: una lunga durata della quarantena, paura legata al contagio, frustrazione, noia, avere provviste e informazioni inadeguate, perdite economiche e pregiudizio. La ricerca non vuole per questo demonizzare la quarantena, ma certo ne richiede una maggiore sopportabilità mediante la giustificazione delle misure prese.
Se il rischio che l’autoisolamento e la pandemia possano causare PTSD è reale, allora questo potrebbe spiegare, in parte, anche un mondo dei sogni alterato. Gli incubi sono una caratteristica del PTSD così come un sonno disturbato.
I ricercatori danno quindi una serie di consigli per cercare di rispondere in maniera funzionale a questi stress, per esempio andando a letto e svegliandosi sempre alla stessa ora per aiutare l’orologio biologico, fare attività rilassanti prima di andare a letto, evitare nelle ore che anticipano il sonno siti web o notiziari che potrebbero aumentare la sensazione di ansia, e così via.. .
Le considerazioni psiconeurologiche a questo punto potrebbe ampliarsi ulteriormente a partire da queste basi, perché se il momento attuale ci vede tutti coinvolti a più livelli intorno a questo grande trauma collettivo, allora la portata delle conseguenze di ciò che stiamo vivendo noi e i nostri figli, specie i più giovani, è ancora tutta da capire, certamente non da sottovalutare.
D’altronde se in alcune regioni il tasso di suicidio per alcune fasce della popolazione sta crescendo, e si stanno verificando sempre più comportamenti antisociali e di ribellione, qualcosa vorrà pur dire, è un inizio di campanello d’allarme.
Per maggiori informazioni potete contattare la Dott.ssa Agnese Borghini scrivendo nel form di contatto
Psicologa, Psicoterapeuta presso il Centro Stella Maris, sito in Roma.